Il capitalismo è in caduta libera. Una serie di bolle speculative esplose (l’ultima, quella dei mutui subprime…) ha scatenato la più vasta crisi finanziaria dalla Grande Depressione in poi. La recessione galoppante avanza in tutto il mondo e sta già costringendo i paesi meno sviluppati a chiedere ingenti prestiti al Fondo Monetario Internazionale (l’Ucraina ha appena ottenuto un mega-assegno da 16,5 mld di dollari); anche negli stati più industrializzati le conseguenze sono già visibili e sono destinate ad aggravarsi nei prossimi mesi/anni: basti pensare che in Italia, nel settore metalmeccanico, da settembre c’è stato un aumento del 30-40% delle richieste di cassa integrazione da parte delle aziende, senza contare che tutto l’artigianato e la piccola impresa sono “democraticamente” esclusi dal circuito della cassa integrazione ordinaria, come anche i precari, numerosissimi nel comparto metalmeccanico (250-300000 lavoratori a rischio, il 15% del totale). Ovunque la ricetta per uscire dalla crisi è la stessa: ex liberisti senza scrupoli che al solo sentire la parola “stato” svenivano ora sono tutti in fila senza vergogna a voler accollare alla finanza pubblica i debiti di banche e imprese. Niente di cui stupirsi, è il solito motto “Privatizzare gli utili, socializzare le perdite”. Basta come esempio il maxi prestito a fondo perduto fatto dalle nazioni dell’Eurogruppo: ben 1700 mld di euro per ricapitalizzare banche in crisi di liquidità e si sta vagliando la possibilità di altre concessioni. In tal modo, non si fa che aggravare la crisi e ritardarne un pochino gli effetti devastanti. I capitalisti stanno prendendo tempo, ma sentono già l’acqua alla gola ed avvertono chiaramente che il drenaggio di denaro pubblico per i loro istituti di credito costerà caro alla popolazione, alla quale verranno considerevolmente ridotti i diritti sociali (scuola, sanità, pensioni ecc.). Questo processo va avanti da almeno una ventina d’anni e provocherà prima o poi un vero e proprio collasso sociale, senza precedenti! È necessario aprire gli occhi; è necessario ricordare che le potenze capitaliste, per risollevarsi dal crac del ’29, hanno avuto bisogno degli ingenti profitti della produzione bellica generati dalla seconda guerra mondiale; è necessario ammettere che la Grande Depressione e il bisogno per le classi dominanti dell’epoca di mantenere il controllo dei mezzi di produzione e l’ordine tra la popolazione ha permesso l’affermazione del nazismo in Germania ed il suo dilagare in tutta Europa. Davanti a questa situazione, protestare semplicemente contro la Gelmini e la legge 133 non è sufficiente. Fare un presidio informativo in facoltà e un ciclo di lezioni in piazza (“per carità, non vorrete mica intralciare il traffico”) non è sufficiente. Nascondersi dietro la sconsolata frase “Ma cosa volete chiedere di più, siamo solo studenti” non è sufficiente! Proponiamo quindi al “movimento studentesco” alcune linee-guida:
1- Non accettare all’interno del movimento alcuna sigla fascista! La farsa che si è consumata a Roma, coi nazisti del Blocco Studentesco alla testa del corteo, non deve ripetersi. Il movimento deve avere come discriminante comune l’anti-fascismo. Non permettere OGGI alle organizzazioni di estrema destra di fare proselitismo tra i giovani in lotta vuol dire non trovarsi DOMANI a dover combattere contro regimi ben peggiori del pur pessimo attuale!
2- Avanzare forme di lotta più coraggiose e incisive (mobilitazioni prolungate basate sulla prospettiva di scioperi di più giorni, occupazioni laddove non ci sia il permesso dei presidi di sfruttare aule come luogo fisico di ritrovo e di organizzazione per il movimento, blocchi quotidiani di stazioni e arterie stradali…)
3- Coinvolgere il mondo del lavoro in generale nella lotta perchè la crisi capitalistica mette in discussione tutta la nostra vita, perchè dobbiamo rivendicare tutto quello che ci spetta (SCUOLA, SALUTE, CASA, LAVORO, SALARIO).
Non sarà il governo del presidente operaio Berlusconi a garantirci tutto ciò e nemmeno un eventuale futuro esecutivo di centro-sinistra; i governi cioè che vogliono soddisfare le esigenze di un capitalismo in profonda crisi non possono disperdere nemmeno una briciola della ricchezza prodotta in spese ormai superflue come quelle per l’istruzione di massa. Dobbiamo perciò porci l’obbiettivo dell’alternativa di sistema e la questione del potere che non può restare appannaggio dei capitalisti (hanno dimostrato i limiti e le contraddizioni del loro mondo); il potere e il governo ai lavoratori vuol dire un mondo senza sfruttati né sfruttatori, senza ineguaglianze sociali né discriminazioni etniche. Questa è la nostra alternativa di sistema! Sviluppiamo le lotte!