Teoria per l’azione
Intervista con C.L.R. James (Come in numerosi altri documenti interni, Trockij figura sotto lo pseudonimo di Crux).
JAMES. – Sarei lieto di ascoltare che cosa pensa il compagno Crux della fantastica ascesa della combattivita’ degli operai francesi, e, parallelamente, del declino incontestabile del vostro movimento in Francia durante lo stesso periodo. Alla conferenza di fondazione furono dedicate sei sedute alla questione francese e, all’ultimo momento, ci fu ancora una discussione sulla risoluzione che si doveva presentare. Cio’ basta a dare un’idea delle difficolta’ che si pensavano si trattasse esclusivamente di un problema di direzione e di organizzazione. Blasco (Pietro Tresso n.d.r) pensava che i compagni francesi erano capaci di analizzare la situazione politica, ma incapaci di intervenire in modo attivo nella lotta di massa. La mia opinione personale e’ che un simile stato di cose dipende dalla composizione sociale del gruppo, dalla sua concentrazione a Parigi e dall’interesse predominante portato per le questioni puramente politiche a detrimento dei problemi delle fabbriche, benché io abbia potuto constatare verso la metà del 1937 un grande cambiamento da questo punto di vista. Credo tuttavia che si tratti di un problema che richiede riflessione e analisi seria (… ).CRUX. -(…) Il problema e’ di sapere perchè noi non progrediamo in funzione del valore delle nostre idee (…). Noi non progrediamo politicamente. Questo fatto e’ l’espressione dell’indietreggiamento generale del movimento operaio negli ultimi quindici anni. Quando il movimento rivoluzionario declina in modo generale, quando una sconfitta segue l’altra, quando il fascismo si estende su tutto il mondo, quando il marxismo ufficiale si incarna nella più formidabile macchina per imbrogliare i lavoratori, va da se che i rivoluzionari non possono che lavorare contro la corrente storica generale.
E questo anche quando le loro idee sono le più intelligenti ed esatte che ci si può augurare. Le masse non fanno la loro educazione attraverso dei pronostici o delle concezioni teoriche, ma attraverso l’esperienza generale della loro vita. Là risiede la spiegazione globale: la situazione nel suo insieme e’ contro di noi. Bisogna che si verifichi una svolta nella presa di coscienza di classe, nelle reazioni e nei sentimenti delle masse, una svolta che ci darà la possibilità di riportare un grande successo politico.
Mi ricordo delle discussioni del 1927, a Mosca, dopo l’annientamento degli operai cinesi da parte di Chiangkai-Shek. Noi lo avevamo predetto dieci giorni prima e Stalin ci aveva risposto con affermazioni di questo genere: Borodin vigila, Chiangkaishek non puo’ materialmente tradirci, ecc. Otto o dieci giorni dopo era la tragedia e i nostri compagni espressero la loro fiducia: la nostra analisi era cosi’ chiaramente corretta che tutti se ne accorgevano, e noi eravamo sicuri di trascinare con noi il partito. Io risposi che lo strangolamento della rivoluzione cinese era mille volte più importante per le masse di tutte le nostre predizioni. Le nostre predizioni potevano convincere un pugno di intellettuali che si interessavano di questi problemi, ma non le masse.
La vittoria militare di Chiang doveva provocare inevitabilmente un riflusso, una demoralizzazione, e non poteva favorire affatto lo sviluppo di una frazione rivoluzionaria.
Dopo il 1917 abbiamo conosciuto una lunga serie di sconfitte. Siamo simili a uomini che, tentando di scalare una montagna, si vedono crollare addosso incessantemente valanghe di pietre e di neve. Nelle masse d’Asia e di Europa si e’ diffuso un nuovo sentimento di disperazione. (.. ) Esse ora sono profondamente scoraggiate. E’ questo il sentimento che prevale tra i lavoratori, ed e’ la causa globale delle nostre debolezze. Ci e’ impossibile porci fuori della corrente storica generale, fuori della disposizione generale delle forze. La corrente e’ contro di noi, e’ chiaro.
Mi ricordo del periodo tra il 1908 e il 1913, in Russia. Anche a quell’epoca eravamo in piena reazione. Nel 1905, tuttavia, avevamo gli operai con noi, ma nel 1908, e anche nel 1907, gia’ comincio’ la grande reazione, il grande riflusso. Tutti inventavano parole d’ordine e metodi nuovi per conquistare le masse, ma nessuno vi riusciva. Tutto quello che si poteva fare, a quell’epoca, era di formare dei quadri (dirigenti politici n.d.r), ma questi si sgretolavano poi letteralmente.
Si verificarono numerose scissioni, a destra, a sinistra, verso il sindacalismo, altrove… Lenin restava a Parigi con un piccolo gruppo, una setta.
Tuttavia, egli non aveva perso la fiducia, perche sapeva che ben presto ci sarebbero state le possibilita’ di un raddrizzamento… cio’ che si verifico’ nel 1913, quando ci fu una nuova ondata, il cui sviluppo fu spezzato dalla guerra. Durante la guerra, tra gli operai regno’ dapprima un silenzio di morte. Le persone che si riunirono a Zimmerwald erano in maggioranza degli elementi molto confusi.
Nel più profondo delle masse, nelle trincee e altrove, esisteva certo uno stato d’animo nuovo, ma talmente sotterraneo, talmente terrorizzato ancora, che noi non potevamo raggiungerlo né dargli una espressione, per questo che il movimento si sentiva tanto meschino, ed anche la maggioranza delle persone che si erano incontrate a Zimmerwald dovevano sterzare a destra nei mesi seguenti.
Non cerco di sottolineare le loro responsabilita’ personali, ma anche li e’ necessaria una spiegazione globale: il fatto e’ che il movimento zimmerwaldiano doveva nuotare contro-corrente.
La nostra situazione e’ incomparabilmente più difficile per noi che per qualsiasi altra organizzazione, in qualsiasi altra epoca.
Dobbiamo subire il peso terribile del tradimento dell’Internazionale comunista che era insorta giustamente contro il tradimento della Seconda Internazionale. La degenerazione della Terza Internazionale si e’ compiuta cosi’ rapidamente e in modo cosi’ inaspettato che la stessa generazione alla quale un tempo avevamo annunciato la sua formazione e’ ancora oggi là a sentirci denunciare il suo tradimento. E questi uomini si ricordano di aver gia’ ascoltato una volta tutto questo.
Bisogna anche tenere conto della sconfitta dell’opposizione di sinistra in Russia. Perchè la Quarta Internazionale, per la sua nascita, e’ legata all’opposizione di sinistra russa, e le masse, del resto, ci chiamano i trockisti. Ci si dice: Trockij vuole prendere il potere. Ma perche lo ha perso dunque?. Evidentemente si tratta di una questione di fondo. Dobbiamo cominciare a rispondere spiegando la dialettica della storia, della lotta di classe: ogni rivoluzione genera una reazione. Max Eastman ha scritto che Trockij accordava eccessiva importanza alla dottrina e che, se avesse avuto più buon senso, non avrebbe perso il potere. Effettivamente, al mondo non c’e’ nulla di più convincente del successo, e niente di più ripugnante, soprattutto per le larghe masse, di una sconfitta.
Bisogna aggiungere quindi la degenerazione dell’Internazionale comunista da una parte e, dall’altra, la terribile sconfitta dell’opposizione di sinistra in Russia, seguita dal suo sterminio. Questi fatti sono mille volte più convincenti per la classe operaia che non il nostro povero giornaletto, anche quando questo raggiunge la fantastica tiratura di cinquemila esemplari, come il nostro “Socialist Appeal”. Noi siamo su un fragile battello in mezzo ad una corrente terribile. Su cinque o sei battelli, uno affonda, e si dice subito che la colpa e’ del pilota. Ma la vera ragione non e’ li’. La verita’ e’ che la corrente era troppo forte. Ecco la spiegazione più generale, quella che non dobbiamo mai dimenticare se non vogliamo sprofondare nel pessimismo o nello scoraggiamento, noi che siamo l’avanguardia dell’avanguardia. Perchè questa atmosfera caratterizza tutti i gruppi che si riuniscono attorno alla nostra bandiera. Ci sono degli elementi coraggiosi ai quali non piace andare nella direzione della corrente: e’ nel loro carattere.
Ci sono delle persone intelligenti che hanno un pessimo carattere, che non sono mai state disciplinate e che hanno sempre cercato una tendenza più radicale o più indipendente: hanno trovato la nostra.
Ma gli uni e gli altri sono sempre più o meno degli outsiders, a margine della corrente generale del movimento operaio. Il loro grande valore ha evidentemente il suo lato negativo, perche chi nuota contro corrente non puo’ essere legato alle masse. Per questo la composizione sociale di un movimento rivoluzionario che comincia a costruirsi non puo’ essere a predominio operaio. Sono gli intellettuali ad essere i primi scontenti delle organizzazioni esistenti. Ovunque vi sono anche molti stranieri che, nel loro paese, non si sarebbero certo mischiati cosi’ facilmente al movimento operaio. Un cecoslovacco sara’ più facilmente membro della Quarta Internazionale in Messico o negli Stati Uniti
che in Cecoslovacchia. Lo stesso vale per un francese negli Stati Uniti.
Perché l’atmosfera nazionale esercita una profonda influenza sugli individui.
Gli ebrei, ad esempio, sono spesso per meta’ stranieri, non completamente assimilati: essi aderiscono volentieri ad ogni tendenza nuova, critica, rivoluzionaria o semi-rivoluzionaria, che agisca nella politica, nell’arte o nella letteratura. Una tendenza rivoluzionaria nuova, che va contro la corrente generale dominante della storia in un dato momento, si cristallizza dapprima attorno a uomini che sono più o meno tagliati fuori dalla vita nazionale, in qualunque paese: ed e’ proprio per essi che e’ più difficile penetrare nelle masse. Beninteso, noi dobbiamo criticare la composizione sociale della nostra organizzazione e modificarla, ma dobbiamo anche capire che essa non e’ caduta dal cielo, che e’ determinata invece sia dalla situazione oggettiva sia dal carattere della nostra missione storica in questo periodo.
Cio’ non significa che possiamo accontentarci di una tale situazione.
Per la Francia, ad esempio, esiste una vecchia tradizione del movimento operaio che non e’ priva di rapporti con la composizione sociale del paese, soprattutto nel passato: da una parte una mentalita’ piccolo-borghese- l’individualismo- e dall’altra uno slancio, una straordinaria capacita’ di improvvisazione. Se li paragoniamo all’epoca classica della Seconda Internazionale, si vedra’ che il partito socialista francese e la socialdemocrazia tedesca avevano lo stesso numero di deputati al Parlamento. Ma non e’ possibile paragonare le due organizzazioni. I francesi erano appena capaci di raccogliere 25.000 franchi, e a prezzo delle peggiori difficoltà, mentre per i tedeschi trovare un mezzo milione non poneva nessun problema. I tedeschi avevano nei loro sindacati molti milioni di operai, i francesi solo qualche milione, che non pagavano le quote. Engels concludeva con queste parole una lettera in cui aveva caratterizzato l’organizzazione francese: E, come al solito, le quote non rientrano!
La nostra organizzazione francese soffre della stessa malattia, il male francese tradizionale, questa incapacita’ di organizzazione, e ovviamente anche dell’assenza delle condizioni che le permetterebbero l’improvvisazione.
Inoltre, nella misura in cui la Francia ha conosciuto una crescita operaia, questa si e’ verificata in collegamento con il Fronte popolare. In questo contesto, la sconfitta del Fronte popolare e’ stata la dimostrazione che noi avevamo ragione, come tempo prima lo sterminio degli operai cinesi.
Ma una sconfitta e’ una sconfitta, ed essa si ritorce direttamente contro le tendenze rivoluzionarie, almeno fino a quando non si produce una nuova crescita, a livello superiore. Dobbiamo prepararci soprattutto e aspettare un elemento nuovo, un fattore nuovo nella configurazione generale delle forze.
In Francia ci sono dei compagni, come Naville e altri, che si sono uniti a noi, quindici o sedici anni fa, quando erano ancora giovanissimi. Ora sono degli uomini maturi e, durante tutta la loro vita cosciente, non hanno ricevuto che colpi, non hanno subito che sconfitte, terribili sconfitte, e ci si sono abituati. Essi apprezzano moltissimo la giustezza delle loro concezioni, sono capaci di produrre analisi di buon livello, ma non sono mai stati capaci di penetrare nelle masse, di lavorarvi, non hanno mai potuto imparare a farlo. Ora, e’ terribilmente necessario osservare che cosa accade nelle masse. Ma in Francia abbiamo dei compagni che sono fatti cosi’.
(…).
Perche abbiamo perso degli uomini? Dopo queste terribili sconfitte su scala mondiale, la crescita operaia in Francia si e’ realizzata ad un livello molto basso, politicamente molto primitivo, sotto la direzione del Fronte popolare. Tutto il periodo del Fronte popolare e’ stato una sorta di caricatura della nostra rivoluzione di febbraio. E’ una vergogna per la Francia, che centocinquanta anni fa faceva la più grande rivoluzione borghese del mondo, che il suo movimento operaio sia dovuto passare attraverso una caricatura della rivoluzione russa.
JAMES. – Voi quindi non scaricate tutta la responsabilita’ sul partito comunista?CRUX. – Esso costituisce un fattore importante nell’elaborazione della mentalita’ delle masse, e si puo’ dire infatti che la degenerazione del partito comunista e’ stato un fattore molto attivo.
Nel 1914, i bolscevichi dominavano completamente il movimento operaio. Le statistiche più serie dimostrano che, alla vigilia della guerra, i bolscevichi non rappresentavano meno di tre quarti dell’avanguardia operaia. Tuttavia, con l’inizio della rivoluzione di febbraio, gli elementi più arretrati, i contadini, i soldati, e anche dei vecchi operai bolscevichi furono attirati da questa corrente tipo Fronte popolare. Il partito bolscevico fu ridotto all’isolamento e si indeboli’ moltissimo. La corrente generale era ad un basso livello politico, ma era potente e sfocio’ infine nella rivoluzione d’Ottobre. Si tratta di una questione di ritmo. In Francia, venuto dopo tutte queste sconfitte, il Fronte popolare attiro’ degli elementi che avevano delle simpatie per noi sul piano delle idee, ma che erano impegnati nel movimento delle masse, e noi siamo stati isolati ancora più di prima, almeno per un certo periodo.
Bisogna tenere conto di tutti questi elementi. Posso anche affermare che molti nostri dirigenti-non tutti, attenzione!-soprattutto nelle sezioni più vecchie, si vedranno cacciati fuori dal movimento rivoluzionario di massa quando appariranno nella corrente rivoluzionaria nuovi dirigenti, una direzione fresca.
In Francia, la rigenerazione del nostro gruppo e’ cominciata con l’ingresso nel partito socialista. Questa politica non fu capita chiaramente da tutti; essa ci permise tuttavia di guadagnare nuovi militanti. Sfortunatamente, queste reclute erano abituate ad un ambiente largo e, dopo la scissione, si sono un po’ scoraggiate. In fondo, non erano ancora sufficientemente temprate, non hanno saputo aggrapparsi e sono state riprese dalla corrente del Fronte popolare. spiacevole, ma spiegabile. (… )Non bisogna dimenticare che noi abbiamo perso in Russia la nostra prima rivoluzione, quella del 1905. Prima del 1905, avevamo una tradizione di grande coraggio e di spirito di sacrificio, avevamo delle forze. Dopo, ci eravamo ridotti allo stato di una miserabile minoranza, di trenta o quaranta uomini forse. Poi ci fu la guerra…
JAMES. – Quanti militanti contava il partito bolscevico?
CRUX. – Nel 1910, in tutto il paese, qualche decina. Ne aveva abbastanza in Siberia. Ma in realta’ essi non erano organizzati. Le persone che Lenin poteva raggiungere per lettera o tramite un agente non erano più di trenta o quaranta. La nostra tradizione, le idee che abbiamo diffuso tra l’avanguardia operaia costituivano uno straordinario capitale che doveva essere utilizzato, più tardi, nel corso della rivoluzione, ma in quell’epoca eravamo praticamente isolati (…).
La Storia ha le sue leggi proprie, molto potenti, più potenti delle nostre concezioni teoriche della Storia! Oggi, in Europa, c’e’ la catastrofe, il declino, lo sterminio di tutti i paesi. Cio’ pesa gravemente sugli operai. Da una parte essi vedono tutte queste combinazioni diplomatiche, questi movimenti di eserciti, e dall’altra un gruppo di minuscole dimensioni, con un piccolo giornale che da’ delle spiegazioni. Il problema, per essi, e’ che domani saranno mobilitati, che i loro figli possono essere uccisi. C’e’ una terribile sproporzione tra il compito e i mezzi.
Se ora scoppia la guerra,-e sembra che debba scoppiare-, nei primi mesi perderemo i due terzi dei militanti che abbiamo in Francia oggi. Dapprima saranno dispersi: i giovani verranno mobilitati; ma, soggettivamente, essi rimarranno fedeli al movimento. Quanto a quelli che non saranno né arrestati né mobilitati rimarranno fedeli-forse tre o quattro, non posso dirlo con esattezza-,essi saranno completamente isolati.
Solo dopo molti mesi la critica e il disgusto cominceranno a manifestarsi su grande scala e un po’ ovunque: allora i nostri compagni isolati, un ferito in un ospedale, un soldato in una trincea, o una donna in un piccolo paese, sentiranno che l’atmosfera e’ cambiata, e pronunceranno una parola audace.
E proprio quello che era un compagno assolutamente sconosciuto in una sezione parigina diverrà il leader di un reggimento, di una divisione e si sentira’ un dirigente rivoluzionario. E’ caratteristico nel nostro periodo.
Non voglio dire con questo che dobbiamo rassegnarci alla impotenza della nostra organizzazione francese. Credo sinceramente che, se i compagni americani ci aiutano, potremo fare un gran balzo in avanti. La situazione e’ sul punto di maturare e preme perche noi si sappia sfruttare questa occasione(…)
Aprile 1939