Sono ormai circa dieci anni che nel nostro paese si è sviluppata la flessibilità selvaggia con il conseguente incremento senza precedenti della precarietà di massa. Fu il cosiddetto “pacchetto Treu” a lanciare questo attacco selvaggio alle condizioni di vita e di lavoro di milioni di giovani (e non solo). Il “pacchetto Treu” non era che una delle varie misure antioperaie e antipopolari che i vari governi di centrosinistra hanno preso nel corso degli anni ’90 e in particolare proprio durante il primo governo Prodi, cioè con l’insieme delle forze della sinistra all’interno della maggioranza. Il governo Berlusconi ci ha poi aggiunto del suo, aggravando ulteriormente la precarietà con la legge 30.
Dal punto di vista sociale i fatti dimostrano che non c’è differenza sostanziale tra governi di destra e di centrosinistra, in quel gioco di alternanza che rappresenta il quadro di dominio politico e sociale del grande capitale e in cui il ruolo del centrosinistra è quello di cercare di fare il “lavoro sporco” con il minimo prezzo sociale. Se Berlusconi avesse fatto solo la metà di ciò che il “Professore” e la sua combriccola hanno fatto in questi due anni, l’Italia sarebbe stata attraversata da proteste sociali asprissime e prolungate, ma la “sindrome del governo amico” ha paralizzato trasversalmente tutte le lotte: i sindacati si inchinano alla concertazione, i movimenti, cavalcati dai poltronai di Rifondazione, non hanno più un riferimento politico coerente. Il governo Prodi ha continuato sulla strada dei suoi predecessori. Naturalmente, fatto un pacchetto Treu (e aggiuntasi per di più la legge 30) non si può farne un secondo, ma la precarietà viene mantenuta e si attuano nuove politiche di attacco allo “stato sociale”, al salario e all’occupazione.
La finanziaria scorsa, invece di far “piangere i ricchi”, regalò ai capitalisti, col taglio del “cuneo fiscale”, la bellezza di 9 miliardi di euro l’anno, ingrassando i loro profitti. Mentre i lavoratori si videro ridurre il salario reale con l’aumento dei contributi, i vergognosi tickets sanitari, l’aumento delle tasse locali e la riduzione ulteriori dei servizi. Ma i miliardi per incrementare massicciamente le spese militari dell’imperialismo italiano e le centinaia di milioni per la scuola privata (mentre si tagliano i posti di lavoro nell’insegnamento), quelli si trovano tranquillamente.
È necessaria un’alternativa che metta in discussione anche il ruolo delle burocrazie sindacali (a partire dalla CGIL) che si sono compromesse col governo firmando il protocollo sul welfare del 23 luglio che preserva la legge 30 sulla precarietà e innalza l’età pensionabile colpendo i giovani e le loro pensioni future. Con l’insediamento del governo Prodi e del ministro Mussi per l’Università lo stato di salute degli atenei italiani è rimasto invariato. La tanto odiata riforma Moratti è stata oggetto, da parte del governo in carica, di un decreto attuativo (altro che abrogazione!), mentre il ministro Fioroni ha definitivamente sancito la privatizzazione della scuola pubblica e la riduzione del sapere ad una merce come le altre.
I fondi per gli atenei sono sempre più scarsi, di conseguenza la qualità della didattica e dei servizi andrà a peggiorare e questo deficit peserà sulle tasche delle famiglie degli studenti iscritti presso l’ateneo. La necessità dell’unità di lotta tra lavoratori e studenti per abbattere la precarietà nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università è quantomai attuale e bisognosa di una guida politica che si ponga, senza compromessi, in difesa delle loro ragioni.
Per questo ci battiamo, unico partito in Italia, per l’abrogazione del Pacchetto Treu, della legge 30 e delle riforme universitarie (Zecchino-Berlinguer e Moratti).